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Menhir in lingua bretone,
variante dell'antico celtico, significa "pietre lunghe", a indicare i
grandi massi eretti e di varie dimensioni, infissi nel terreno, talvolta
incisi su tutta la lunghezza con motivi decorativi o simbolici.
Isolati,
raggruppati in file o in circoli, i Menhir hanno varie dimensioni e
potevano raggiungere anche più di venti metri di altezza, come il Grand
Menhir rotto di Locmariaquer (nel Morbihan, in Bretagna).
Associati per molto tempo ai Celti, i menhir in realtà sono molto più
antichi e fanno parte di quel fenomeno non ancora del tutto chiarito
denominato megalitismo (della Grande pietra) esistito dal 5000 al 1000
a.C. (tardo Neolitico e prima Età del Bronzo). La cultura megalitica,
così poco conosciuta e liquidata in fretta come un fenomeno casuale e
spontaneo, appartiene quindi a una realtà storica che abbraccia un
periodo lunghissimo e assai remoto della storia umana.
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Le "grandi pietre"
infatti, furono utilizzate per realizzare imponenti strutture
ben prima delle piramidi d'Egitto. Il fenomeno interessa buona
parte dell'Europa. E’ presente in modo significativo anche in
nord Africa. In Italia ne esistono tante significative
testimonianze. Quanto alla loro funzione,
ancora non esiste una spiegazione certa e del tutto plausibile.
Quel che è certo è che i Mehnir avranno acquisito diverse
funzioni nel corso dei secoli. Si pensa che per i Menhir
isolati, che nella maggior parte dei casi sono direttamente
associati ai dolmen, fungessero da “segnalazioni” di tombe di
straordinaria importanza.
In molti tuttavia non escludono che poi
anche gli stessi Menhir abbiano assunto, al pari dei Dolmen,
il significato di veri e propri simulacri dedicati ai morti o
alle divinità, tanto più che molti riportano ancora tracce di
sculture antropomorfe: gli “alignements”, per esempio, ovvero i
cosiddetti “allineamenti” (celebri quelli di Carnac), potrebbero
essere stati luoghi di raduno o delle vie sacre. |
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Altre correnti vorrebbero
che le facce larghe dei parallelepipedi, orientate da Est a Ovest,
possano essere state utilizzate per scandire il tempo e segnare
solstizi ed equinozi. Così come si suppone anche che i Menhir
abbiano svolto il ruolo di osservatori astronomici. Mistero e dubbi
invadono da sempre il mondo dei Menhir: se non è chiaro quale popolo li
avesse eretti e, soprattutto, per quali scopi, è comunque possibile che
i luoghi in cui i Menhir erano stati costruiti fossero considerati punti
adatti a stabilire un contatto con il mondo ultraterreno e con gli Dei.
Simbolicamente i Menhir formano una linea
retta che unisce i tre mondi, il mondo celeste e divino, il
mondo umano e il mondo infero al di sotto, quello dei morti. Infine,
molte correnti tendono a pensare che la forma a obelisco dei Menhir li
renda simili ad antenne che venivano piantate dove vi era una
concentrazione di nodi di Hartmann (di cui abbiamo parlato anche a
proposito dei Dolmen), in corrispondenza di corsi d’acqua sotterranei.
Una loro funzione era allora forse quella di ricevere le informazioni
che il cosmo inviava per distribuirle sulla terra e di raccogliere tutte
le energie della terra per inviarle al cielo. |
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L’etimologia della parola «dolmen»,
invece, è più controversa e difficile da risalire. Il termine,
appare per la prima volta nel VII secolo, in ambito della
storiografia francese. Si tratta, anche questa volta,
dell’unione di due termini bretoni: «t(d)
aol» (forse imparentato con il latino tabula),
tavolo e «men», pietra.
Occorre però evidenziare che la parola è coniata e non
appartiene alla lingua bretone. Il vero termine bretone per
designare un dolmen è, infatti, «Liah
vaen», insieme con altre varianti. Altri dizionari
etimologici rintracciano l’origine di «dolmen» nella lingua
celtica parlata in Cornovaglia,
precisamente nella parola «tolmen»,
che avrebbe designato in origine un cerchio di pietre o una
roccia scavata. In effetti, i dolmen, sono costituiti da più
pietre sistemate in modo da formare una sorta di grotta o di «casetta»
in pietra.
Alcuni, più profondi, possono perfino ospitare delle
persone, mentre altri, molto più bassi, possono fungere da
altari. Come i Menhir, i Dolmen sono precedenti alla cultura
celtica. La loro costruzione viene collocata tra la fine del V
millennio a.C. e la fine del III millennio a.C.. Anche sui
Dolmen esistono differenti ipotesi, tra le quali che si
trattasse di monumenti funerari. Secondo altre teorie, invece,
svolgevano la funzione di altari e luoghi di culto. In realtà è
piuttosto possibile che, nel corso dei secoli abbiano svolto
entrambe le funzioni. |
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Gli archeologi infatti hanno ritrovano
all’interno o sotto i dolmen, differenti ossa, chiare
testimonianze di sepolture, è dunque plausibile supporre che
originariamente i dolmen fossero dei monumenti sepolcrali
comuni. Tuttavia, i Celti, ritrovarono questi megaliti senza
conoscerne l’antico uso ed è altrettanto plausibile supporre che
li abbiano adoperati come luoghi di culto. Il portale al Regno
degli Dei. In effetti, i dolmen sono delle colline artificiali,
alcune volte sono addirittura semi-interrati e ricordano il
portale per il mondo degli Dei, i Tuatha
de Dannan. La maggior parte dei Dolmen ritrovati è in
Europa Occidentale. Essi si trovano nella Penisola Iberica, in
Francia, in Italia, in Islanda, in Inghilterra, in Scozia, in Scandinavia
meridionale, in Danimarca, in Germania, in Olanda e in Corsica.
Ma ritrovamenti ci sono stati anche in Africa settentrionale e
in molte zone dell’Asia.
In Italia, i Dolmen
sono presenti anche in Sardegna, dove esistono altri importanti
monumenti megalitici (come le tombe dei giganti, le muraglie
megalitiche e le celebri costruzioni nuragiche). |
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In Liguria, a Roccavignale sv, è stato ritrovato un
Dolmen. Formati da due
grosse pietre infisse verticalmente sovrastate da un’ulteriore
lastra lapidea posta orizzontalmente, molte credenze
vogliono che i Dolmen siano stati innalzati secondo “linee di
forza” terrestri a dimostrazione degli antichi poteri trasmessi
dai druidi, i sacerdoti delle tribù celtiche. E se anche molte
delle forme a noi pervenute sono simili a delle capanne, in
realtà a noi oggi sarebbe visibile solo una piccola parte di
qualcosa di più complesso: i Dolmen più arcaici sono infatti
formati da una “camera” circolare o rettangolare preceduta da un
“corridoio” (il cosiddetto “dromos”) di accesso e tutto
ricoperto da un tumulo di terra o di pietre.
Molte cose in comune, poi, i Dolmen le avrebbero con i
cosiddetti punti “geopatogeni”,
ossia con quegli incroci (i cosiddetti nodi
di Hartmann) dei raggi tellurici generati dalle faglie,
dai corsi d’acqua sotterranei, da influenze cosmiche e da
mutazioni ed emissioni elettromagnetiche. Per cui, come i Menhir,
a forma di obelisco, che venivano piantati nel terreno dove si
pensava ci fosse una concentrazione di nodi di Hartmann spesso
in corrispondenza di corsi d’acqua sotterranei, così i Dolmen
erano piuttosto posizionati su zone
neutre della griglia di Hartmann: in pratica, il
posizionamento e l’orientamento erano sempre in funzione di una corrente
energetica positiva, con direzione nord-ovest sud-est,
quella che Walter Kunnen chiama “linea della fertilità”.
Secondo
quanto si racconta, inoltre, il Dolmen avrebbe valenza
femminile con un doppio utilizzo: il primo, dettato
dalla concavità della pietra ed esplicherebbe a una funzione di raccolta delle
informazioni inviate dal cielo. Il secondo si rifarebbe a una
funzione terapeutica:
a chi si sedeva sotto, la pietra consentiva di percepire
un’energia guaritrice. A differenza del Menhir, che
rappresenterebbe l’immagine maschile per unire terra e cielo,
nel Dolmen la polarità femminile tende a incassare le energie
del cosmo per donarle a chi può farne un uso corretto.
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Il caso emblematico del sito megalitico di
Briaglia (Cuneo).
Nel 1970, l’archeologo Janigro d’Aquino iniziava una serie di scavi
presso il paesino di Briaglia dove, secondo le sue teorie, avrebbero
dovuto trovarsi tracce di insediamenti risalenti ai Celti che avevano
abitato in quelle zone in epoche molto precedenti all’occupazione
romana. La fatica dell’archeologo fu coronata da successo: infatti nelle
colline di Briaglia-S.Croce scoprì un vasto insediamento megalitico di
oltre 4000 anni fa, con numerosissimi menhir, alcuni cromlech, altari
dedicati alla Dea Madre e moltissimi dolmen. Il ritrovamento più
sensazionale è stato il dolmen a tumulus formato da una galleria lunga
oltre 30 metri che termina con una camera. All’interno si trovava un
pozzo a forma di mezzaluna profondo una ventina di metri. Il
sensazionale ritrovamento può essere paragonato al grande tumulus di
Newgrange, in Irlanda. Il professor D’Aquino ha eseguito un’accurata
ricerca con mezzi propri per tre anni, poi ha sottoposto il suo lavoro
alla supervisione della Soprintendenza Archeologica per il Piemonte di
Torino. Ma la risposta fu: «Nel corso del sopralluogo si appurò
trattarsi di materiali che non rivestono interesse archeologico». |
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Questo patrimonio megalitico di inestimabile
valore, rimasto per anni sepolto nell’oblio, ora riemerge grazie
all’interessamento di ricercatori indipendenti. Nel 2004 si è costituito
un comitato per lo studio e la valorizzazione del sito, coordinato dallo
speleologo Fabrizio Milla, che ha portato nel maggio 2008
all’inaugurazione di un’area ambientale in cui sono state sistemate
alcune pietre fra le più significative.
Si è così scoperto che nel tumulus, al sorgere del
sole al Solstizio d’Inverno, i raggi solari attraversano tutto il
corridoio verso il suo centro fino a sovrapporsi perfettamente al suo
corso con un fascio di luce arancione che nel culmine del fenomeno
risale la parete di fondo fino a lambire la coppella con un’intensa
luminosità, accompagnata da un avvertibile aumento di temperatura. Poi
il fascio luminoso regredisce lasciando la grotta scivolando sulla
parete destra ed estinguendosi completamente circa due ore dopo
l’inizio. Gli studi archeoastronomici coordinati da Fabrizio Milla
portano a ipotizzare una datazione riferibile all’8000 a.C. |
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La vetta del Roccerè con i suoi 1800 metri di quota è ben
visibile dalla bassa Val Maira, come le tracce dell’incendio che
dal 12 al 16 febbraio 1990 ha imperversato risalendo la
montagna, ha arso gli alberi fino alle radici e a causa delle
elevate temperature ha sgretolato la roccia; ma che ha anche
consentito il ritrovamento di uno spettacolare sito
archeologico, si
ri-scopriva così il
più importante sito di arte rupestre presente nelle Alpi Cozie.
L'età presunta del sito è quella del Bronzo.
Il sito è
costellato di Coppelle scavate nella roccia.
Resta oscura la funzione assolta da queste incisioni nella
roccia, che accomuna il sito del Roccerè a decine di luoghi
archeologici in europa.
Alcune coppelle
risultano collegate da una rete complessa di canalette, per cui,
alcuni avanzano l’ipotesi che attraverso le coppelle si potesse
sviluppare una delicata funzione di divinazione, magari
attraverso delle pratiche di idromantica o di altre forme di
previsione similari, basate sull’osservazione del movimento dei
liquidi. Altri vedono nelle coppelle come una sorta di mappa di
luoghi, una specie di catasto preistorico da usare per chissà
quali fini. Altri ancora presumono siano riproduzioni di stelle
e costellazioni...... |
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Il sito
archeologico del Monte Roccerè è molto esteso e va oltre
all’area protetta e si riescono a trovare coppelle anche
nelle cime vicine fino al Monte Cornet ed oltre.
All’interno di questa zona sono facilmente individuabili
i resti di quello che sembra un dolmen, ormai distrutto,
proprio lungo il sentiero per raggiungere la cima dalla
strada. All’interno dell’area archeologica, si alza una
lastra simile ad un menhir, mentre sempre dalla strada
detta “dei cannoni” di epoca napoleonica si può
raggiungere la “Balma scura”, una grotta che poteva
essere stata utilizzata come riparo per l’uomo dell’età
del bronzo e le generazioni successive.
Ci sono allineamenti astronomici che sono ancora oggetto
di studi e approfondimenti. Negli ultimi anni sono stati
ritrovati complessivamente 7 allineamenti, tra
solstiziali (inizio estate e inverno) e equinoziali
(inizio primavera e autunno), alcuni al sorgere del Sole
altri al tramonto.
Senza dubbio il più spettacolare è legato proprio alla
“Roccia Fenestre” che da il nome alla località già nota
alla popolazione della valle.......
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Qui una
roccia forata consente di osservare il tramonto del Sole
al sostizio estivo. Questa struttura è chiamata dagli
archeoastronomi, “campanaro” in quanto consente di
determinare un preciso momento del calendario.
Un altro bell allineamento solstiziale è costituito da
un masso posto ad Est della vetta, si tratta infatti di
un’allineamento all’alba. Il macigno di qualche
tonellata appare squadrato con un angolo quasi perfetto
di 90 gradi, la cui bisettrice identificava il punto di
levata eliaca.
Il masso
presenta una camera sottostante, che seppure angusta può
accogliere un paio di persone e consente di farsi
un’idea di come sia stato possibile realizzare un
allineamento così preciso. Infatti nel centro del riparo
vi è un alto masso che fa da fulcro alla struttura
sovrastante. L’allineamento più famoso è però
equinoziale, si tratta di una canaletta collegata ad una
coppella a forma di mandorla o vulva incisa sul masso
altare a strapiombo sulla valle. Sembra fatta
appositamente a scopi di idromanzia o per i giochi
d’acqua. Infatti riempiendo la coppella di liquido
questo inzia a scorrere nell’incisione che lo porterà ad
un balzo (propiziatorio?) di oltre novanta metri prima
di giungere a valle. La canaletta appare orientata con
precisione ad Est, e consente di identificare i giorni
di inizio della primavera e dell’autunno....... |
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Le
informazione sul sito archeologico Roccerè sono tratte dal sito
Cieliperduti, dai link sotto, l'articolo completo ed ulteriori
approfondimenti.
https://www.cieliperduti.it/2020/06/01/il-sito-archeologico-del-monte-roccere-parte-i-le-coppelle/
https://www.cieliperduti.it/2020/06/08/il-sito-archeologico-del-monte-roccere-parte-ii-gli-allineamenti-astronomici/
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Senza l’interessamento di un ricercatore
indipendente, un sito di tale importanza sarebbe rimasto per sempre
dimenticato senza lasciare tracce. Una situazione che non si
manifesta solamente in Piemonte. Abbiamo il caso della grande piramide,
probabilmente di origine pelasgica, che esisteva vicino a Nizza, in
Francia, anch’essa rasa al suolo negli anni ’70, nonostante il suo
valore archeologico, per costruire al suo posto uno svincolo
autostradale. L’ultimo
caso, in ordine di tempo (2013), è stata la distruzione del prezioso e
antichissimo complesso «La Maddalena» di Chiomonte, in Valle di Susa,
raso al suolo per far transitare il tanto discusso tracciato
ferroviario della linea ad alta velocità (TAV). Anche il museo che
ospitava preziosi reperti della nostra storia di più di 5000 anni fa è
stato requisito trasformando le stanze in una caserma per il controllo
dei lavori. Per fortuna esiste una preziosa testimonianza
di questa antica necropoli in un video realizzato da «Shan Newspaper».
Rama, la piramide di Nizza, il tumulus di Briaglia e i megaliti
distrutti della Valle di Susa denotano una situazione emblematica.
Rappresentano infatti situazioni storiche che appartengono alle nostre
radici, ma che tuttavia fra qualche secolo saranno ignorate dalle nuove
generazioni immaginando che la cultura megalitica e quella dei nativi
europei non siano mai esistite. |
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