Le masche
sono una figura di rilievo
nel folklore e nella credenza
popolare piemontese (la regione che
comprende le Alpi Cozie), che
attribuiscono ad esse facoltà
sovrannaturali tramandate, in genere, da
madre in figlia o da nonna in nipote.
La loro
origine è da ricondursi nelle millenarie
culture pre-cristiane di origine celtica
dove esistevano radicati elementi magici
che condizionavano la gravosa vita della
popolazione montanara. Le masche
potevano essere donne particolarmente
emancipate, che tentavano di elevarsi
dal contesto sociale che le privava di
molte opportunità, applicando le loro
conoscenze dell'antica medicina e dell'unità spirituale
dell'uomo.
Una masca
era quasi sempre una donna che conosceva
le erbe e sapeva preparare infusioni dal
sicuro effetto, oppure praticare riti
che dalla popolazione erano definiti magici. Le masche da un lato venivano
interpellate dalla gente perché,
credendole dotate di poteri magici,
avrebbero potuto guarire malanni,
allontanare oscuri presagi, difendere da
malocchi e dannazioni, propiziare una
stagione favorevole. D’altra parte, per
via delle loro pratiche, potevano anche
venire guardate con sospetto o timore,
ed essere accusate di danni e sventure. |
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Con l’avvento del
Cristianesimo questi elementi magici, propri di
millenarie culture di origine celtica e
longobarda, vennero condannati come blasfemi e
chi li praticava venne perseguitato e additato
come pagano, dalla nuova religione emergente che
prese questa posizione per radicarsi con
maggiore effetto tra la popolazione e
sbarazzarsi così di una ideologia concorrente. E
fu proprio allora che la paura e la persecuzione
delle masche si acuì. Le masche vennero
individuate in tutte le persone un po’ diverse,
esperte in erbe e pratiche insolite, a volte
malate o semplicemente ostili all’omologazione
sociale. |
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Le masche, venivano
accusate di fare la
fisica – una sorta di fattura maligna e
pericolosa, una stregoneria – si dovettero
sovente nascondere o ritrovare in luoghi di cui
la gente portò sempre timore, luoghi già magici
o spettrali, di cui si tramandano fiabe e
leggende.
Durante
l’Inquisizione la persecuzione delle masche e la
paura indotta dalle istituzioni nei loro
confronti raggiunse l’apice. Ci furono
esecuzioni e torture, molte donne furono
impiccate, decapitate o arse vive. Per numerose
persone fu sufficiente qualche affermazione che
potesse destare il sospetto di comportamenti non
ortodossi per decretarne la condanna o comunque
l’etichettamento di masca.
Sostenuta anche da
paure e superstizioni, la religiosità cristiana
divenne così un’ancora solida nella vita della
gente.
Ad esempio ne
notiamo traccia nei numerosi santuari e piloni
votivi disseminati un po’ ovunque in montagna e
in pianura. Oltre alla funzione strettamente
religiosa servivano a proteggere i viaggiatori
dalle minacce incombenti delle masche.
È in questa mescola di credenze, fede e
superstizione che si tramandano fiabe e
leggende, di tradizione orale. |
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In passato si
credeva che le masche avevano
una notte della settimana preferita per uscire e
incontrarsi, praticare i loro particolari riti. Era quella del venerdì: in questa
notte era bene evitare con cura di uscire dai
sentieri segnalati, lontano da santuari e luoghi
non benedetti. Stesso discorso per la
notte fatata
del primo novembre, notte in cui
le anime dei morti prendevano il volo e le
masche si intermediavano con esse, rafforzando
il proprio potere.
il 1 novembre, si
usa, prima di andare a dormire, lasciare sul
tavolo un piatto colmo di castagne bollite e già
pelate, in modo che le anime dei defunti possano saziarsi compiaciute senza importunare
i vivi. Trovarsi da soli la notte del primo
novembre nei sentieri tra i boschi che univano i
solitari villaggi alpestri poteva davvero essere
pericoloso: non erano sufficienti i numerosi
piloni votivi e la più ferrea delle fedi per
tenere lontani spettri e masche. |
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Per compiere i loro
incantesimi le masche si servono di figurine di
cera e di argilla per la pratica dell’iffissione.
Pare si possa usare con gli stessi risultati un
gomitolo, una candela o una calza. Nei loro
rituali le masche impiegano una piccola verga
detta baculum.
La verga della divinazione è lunga da, circa,
trenta centimetri, fino a oltre un metro. La
bacchetta, diritta, dovrebbe essere fatta di
ebano o del legno di nocciolo o di mandorlo, se
è possibile cresciuto da un anno. Le antiche
credenze piemontesi affermano che sotto
l’aspetto di un gatto si nasconda quasi sempre
una masca. Infatti, si crede che, le masche
possono prendere le sembianze di un animale
preferendo spesso quelle del gatto. Tra le
superstizioni più diffuse c'è quella che, se un
gatto si nasconde sotto la culla di un neonato,
il bambino cresce deforme e se si deve lasciare
solo un neonato è necessario mettere su una
culla un indumento che serva a tenere lontane le
masche (es. un cappello, una calza…).
Ci sono anche
gli spiriti folletti. Ad esempio, lo spirit-fulét si
divertiva a combinare innocui scherzi, come
muovere i tetti di lose per non lasciar dormire,
imbrattare le maniglie delle porte o i muri di
pece. C’è anche la versione maschile delle
masche: il
mascone,
stregone di sesso maschile (colto, capace di
leggere il latino, spesso identificato con il
prete del paese) che però non potrebbe
trasmettere i poteri che gli sono stati
attribuiti da una masca in fin di vita. Per
questo la maggioranza di masche sarebbe di sesso
femminile. |
Le masche sul punto
di morire lasciavano un loro oggetto: chi il
gomitolo, chi il mestolo, chi la verga, chi il
libro del comando; ogni oggetto aveva la
proprietà di trasformare in masca chi ne entrava
in possesso. O altrimenti il potere veniva
passato da madre in figlia o da nonna a nipote.
In alcune zone si credeva che nella stanza dove
moriva la masca svolazzasse per ore un moscone.
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